
Umberto Orsini rifugge qualsiasi definizione paludata. Esordisce per caso, si afferma per talento, sorvola con leggerezza fin de siècle e debutto del terzo millennio, continua a stupire e a stupirsi. Leggiadro ma serio, scanzonato ma professionale, tombeur des femmes per definizione, sportivo per innato piacere. Poche righe sono già troppe per non rasentare l'apologia.
Meglio, allora, fonti esterne. Eccole.Iniziamo dall'autorevolezza, quella della Treccani, che alla voce Umberto Orsini, stabilisce:
Orsini, Umberto. - Attore italiano (n. Novara 1934). Formatosi all'Accademia nazionale d'arte drammatica, ha esordito in teatro con la compagnia De Lullo-Falk-Valli-Guarnieri (1957), recitando in seguito con la compagnia Morelli-Stoppa, con S. Ferrati (Chi ha paura di Virginia Woolf?, 1963; Chi è Claire Lannes?, 1969) e con G. Lavia per la compagnia del Teatro Eliseo, di cui è stato a lungo direttore artistico (1982-97). | Interprete moderno e controllato, convincente nei ruoli classici (I masnadieri, 1981; Otello, 1994), si è distinto soprattutto con gli antieroi del repertorio contemporaneo (Old times di H. Pinter, 1973; Servo di scena di Ronald Harwood, 1981; Amadeus di P. Schaffer, 1987; Besucher di B. Strauss, 1989; Il nipote di Wittgenstein da T. Bernhard, 1991; Affabulazione di P. P. Pasolini, 1993;Morte di un commesso viaggiatore di A. Miller, 1997;Copenhagen di M. Frayn, 2001). Nel 2006 è diretto da M. Castri in Il padre di A. Strindberg e nel 2008 è tornato sulle scene con La ballata del carcere di Reading di O.Wilde, regia di E. De Capitani. Dopo il debutto nel cinema con F. Fellini (La dolce vita, 1959), è stato valorizzato da L. Visconti (La caduta degli dei, 1969; Ludwig, 1972), segnalandosi in ruoli di fine ambiguità (Al di là del bene e del male, 1977; Pasolini, un delitto italiano, 1995; Il viaggio della sposa, 1997; Il partigiano Johnny, 2000). |